Ironman Barcelona 2015, Part III
In T1 ho fatto un cambio completo di vestiti. Volevo sentirmi comoda in bicicletta, avrei passato un sacco di ore seduta su quella sella. Non è ancora tornata la forza nella mano sinistra, così ho impiegato un po’ più di tempo ad infilare il completino da bici sulla pelle umida e salata dal mare. Per ultimo ho messo il tutore al braccio per proteggerlo in bici e durante la corsa.
Ho corso fuori il tendone a prendere la bicicletta e superato la linea di partenza ho agganciato le scarpe ai pedali, ero pronta per la seconda frazione.
Il giorno prima avevo fatto una ventina di chilometri sul percorso della bici ed ero già innamorata. Non era completamente piatto, iniziava con dei saliscendi lungo la costa per circa quindici chilometri fino alla città di Arenys de Mar. Continuava su una strada piuttosto piatta per altri ventiquattro chilometri e ogni tanto si trovava un ponte, una rotatoria, una curva.
Come si fa a pedalare per 180 km quando in allenamento si è arrivati ad un massimo di 50 km?
Sapevo che la cosa più importante sarebbe stato l’alimentazione e idratazione. Nella tasca dietro avevo quattro panini senza glutine con burro di mandorla, tagliati in otto pezzi. Li alternavo ogni 45 minuti con pezzetti di barrette energetiche prese con acqua e basta. Non li ho finiti tutti. Sono stata attenta a non mescolare cibo con sali perché mi avrebbe creato non pochi problemi intestinali. Cercavo di percepire i segnali mandati dal corpo, soprattutto quelli dallo stomaco. Aspettavo sempre prima di mangiare o bere di nuovo, non preoccupandomi più di tanto di quante calorie ingestivo ma piuttosto se li digerivo bene. La strategia è stato un successo in quanto non ho mai dovuto fermarmi per andare in bagno mentre ero in bici.
Molti hanno voluto sapere nei giorni dopo come ho potuto andare in bici con il braccio ancora in fase di guarigione.
Ho cercato di stare in posizione aero perchè così potevo appoggiarmi sui gomiti, togliendo la pressione dall’avambraccio. In alternativa appoggiavo le mani sopra i freni. Quello che non potevo fare era di stare in basso sul manubrio e frenare con il braccio sinistro. Ma il percorso non richiedeva molte frenate e la mano destro operava il freno posteriore. Nel caso di una frenata brusca non c’era pericolo. Non sono mai stata a disagio e non ho mai sentito dolore; non avrei mai preso un rischio del genere.
In bici non ero preoccupata del tempo finale ma solo di finire nel tempo massimo. Siccome eravamo sulla costa del mare sapevo che il vento sarebbe stato un fattore e ho avuto ragione.
Nel primo giro (di due e mezzo) sentivo tutto molto neutro, forse qualche colpo di vento a favore. Al giro per tornare indietro ho sentito una spinta di vento da dietro, ignorando il fatto che avrei dovuto girare di nuovo a Calella e pedalare contro vento per altre due giri.
Nel briefing di gara il giorno prima l’organizzazione aveva annunciato con orgoglio che il percorso in bici era molto veloce. Non so quanto sia più veloce il percorso confrontato con altre gare di Ironman o quanti imbroglioni hanno deciso di approfittare dell’affollamento di atleti sulla strada.
Certo, se tu sei un triatleta che finisce sempre a metà della classifica posso capire che molto probabilmente non c’era spazio per evitare la scia (vietata) con altri. Invece quello che ho visto era assolutamente ridicolo. Gruppi di trenta – cinquanta atleti a fare scia senza pensieri. Gli arbitri erano presenti sul percorso ma le tende dove dovevano scontare i minuti fermi come penale erano tutti vuoti.
Mi sentivo irritata e un po’ arrabbiata, ma poi mi sono ricordato che il motivo per cui mi piacevano le distanze più lunghe del triathlon era perché senza scia ognuno faceva la propria gara. Dovevo solo essere sicura che io stavo gareggiando secondo le regole e mantenere la mia integrità.
Ho apprezzato la vista dello skyline di Barcellona quando abbiamo fatto inversione nella città di Montgat. Le viste delle bellissime spiagge sulle la Costa Brava mi hanno intrattenuto per chilometri. Mentre finivo il primo giro la triatleta Martina Dogana mi passò accanto e gridò “Vai Julia!”, e per un attimo anch’io ho pedalato più veloce. Grazie Martina! Lei ha finito la gara con un fantastico quinto posto .
Nel secondo giro ho cominciato a sorpassare altri atleti e giocare ad elastico con altri. Nel terzo giro ho passato una donna nel age group 65-69 che mi chiese: “ce la facciamo ad arrivare nel tempo massimo?” Ho risposto che l’avremo fatto con facilità, l’importante era muoversi sempre in avanti. L’ho vista inclinare la testa in giù e ripartire con grinta. Più tardi ho guardato i risultati: Glyn Jones ha finito in 15:13:15. piazzandosi seconda nel suo age group.
Ora sapevo che avrei finito la frazione in bici e cominciai a sentirmi eccitata. Faceva male fare tutti quei chilometri dopo poco allenamento in sella? A volte sì, ma poi il dolore se ne andava a stavo di nuovo bene. Sinceramente non era peggio di quando vado per un giro lungo in allenamento. Da ricordare: abituatati al dolore muscolare e continua a pedalare.
Sono arrivata a T2, contenta di mettere i piedi di nuovo a terra.
Tempo bici: 6:53:46
Dopo aver lasciato la bici sono tornata al tendone per cambiare solo le scarpe ed i pantaloncini. Sono rimasta tre secondi in più per decidere se portare anche la lampada frontale ma poi l’ho rimesso nella sacca, una decisione di cui mi sarei pentita amaramente ore dopo.
Iniziando la corsa ho dato uno sguardo al cronometro. La cosa che mi faceva più felice era di rivedere la mia famiglia sul percorso. Avevo sei ore e quarantacinque minuti per finire la maratona prima del tempo massimo di quindici ore e mezza. Il mio fisioterapista aveva fatto taping al ginocchio sinistro. Dovevo solo pregare e sperare che il ginocchio rimanesse indolore per tutti i quarantadue chilometri.
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