Ironman Barcelona 2015, Part I
Mi sono iscritta all’Ironman di Barcelona lo scorso dicembre durante un viaggio in treno dopo le vacanze natalizie. Aprendo il computer per controllare la posta, una pubblicità spuntò fuori annunciando che erano rimasti solo cinquanta posti e se ne volevo uno dovevo fare in fretta. Dopo IM di Zurigo avevo pensato di aspettare un paio di anni prima di farne un altro ma quello di Barcelona nel 2015 era in calendario proprio il giorno del mio compleanno! Era impossibile non iscriversi.
Ho mandato un sms a mio marito: “Soltanto cinquanta pettorali sono rimasti per Barcelona…”
Rispose lui: “E che cosa stai aspettando?”
Amo quell’uomo.
Così sono iniziati gli allenamenti per Ironman di Barcelona.
Quest’anno la mia squadra di triathlon aveva un nuovo allenatore per il nuoto (Ciao Andrea Ferretti!) che mi ha cambiato (per quanto poteva) la mia bracciata. Il miglioramento mi ha fatto uscire dall’acqua in prima posizione nel mio age group in ogni gara. Ho chiesto a Fabio Gilioli di Sessantallora di aiutarmi a migliorare in bici; il risultato fu un PB a giugno sul percorso bici di IM Pescara 70.3 in una giornata di vento forte.
Piero non aveva viaggi di lavoro programmati per l’estate e così decidemmo di trascorrere i mesi caldi alla casa al mare in Puglia. Possiamo entrambi lavorare da qualsiasi località se c’è una buona connessione internet. Lui poi mi ha ricordato che sarebbe stato un luogo perfetto per allenarmi per l’Ironman.
Luglio è stato il mio migliore periodo per gli allenamenti. Dopo un anno e mezzo il mio ginocchio dolente ha deciso di collaborare. Il problema più grande è stato il caldo record. Mi alzavo stoicamente alle 4:30 per fare lunghi giri in bicicletta o correre sulla spiaggia. Spesso finivo gli allenamenti con una nuotata in mare. Mi sentivo benissimo, erano anni che non stavo così bene.
Poi l’incidente in bicicletta che mi ha frantumato il braccio sinistro.
Sono entrata in ospedale il 31 luglio con la frattura di ulna, radio e scafoide, scomposta ed esposta. Ovviamente bisognava operare. Ho aspettato sino al mercoledì successivo, quando si sarebbe riunita l’equipe del dott. Scialpi, primario del reparto. Inserire due pezzi di titanio con viti richiedeva esperienza. Ho aspettato.
L’intervento è stato un successo e, appena fuori dalla sala operatoria, mi hanno scolpito un gesso fino alla spalla. Ho passato una notte agonizzante, con sonno intermittente e, due giorni dopo, potevo tornare a casa.
Uno dei chirurghi che mi ha prestato le prime cure al Pronto Soccorso era Dr. Giovanni Taurisano. Una fatalità ha fatto incrociare le nostre strade. Giovanni è un grande sportivo e, in gioventù, è stato allenato sia nell’atletica che nel basket da mio marito Piero. Così non fu sorpreso quando gli ho chiesto:
“Ho una gara di Ironman fra due mesi. Cosa posso fare in questo primo mese mentre ho il braccio ingessato?”
Portò lo sguardo verso il soffitto, poi mi fissè a lungo e, finalmente, disse: “Allenati come se dovessi fare la gara e poi, fra un mese, vedremo.”
Il recupero richiedeva molto riposo e sonno. Dovevo seguire una dieta ottimale per assicurarmi di assumere tutti i nutrienti per guarire meglio.
Ho ordinato un rullo per la bicicletta e pedalavo con addosso il cardiofrequenzimetro. Camminavo sul bagnasciuga per chilometri e sotto la supervisione di Piero facevo circuiti di forza muscolare. Dopo una settimana il Dr. Taurisano mi richiamò in ospedale per accorciare il gesso e liberare il gomito. Ora potevo correre! Ho usato un pezzo di spugna legata al collo per tenere il braccio fermo mentre mi allenavo e inserivo la corsa nei circuiti.
Il problema più grande, sia in bici che a piedi, è stato il sudore che producevo copiosamente. Sentivo il gesso bagnarsi e la pelle che cominciava ad irritarsi e prudere. Ho provato varie tecniche per assorbire il sudore. Alla fine la soluzione migliore fu quella di usare un phon dopo ogni allenamento.
Ho provato a nuotare una volta con il gesso, avvolgendolo con fogli di plastica e usando una tavoletta per lavorare con le gambe. Lo sforzo della preparazione mi sembrava eccessivo per la qualità dell’allenamento. Decisi di aspettare che mi fosse tolto il gesso per tornare in acqua. Nel frattempo facevo esercizi per le spalle che mimavano la bracciata del nuoto.
Il gesso è stato tolto i primi di settembre e rifeci al Dr. Giovanni la stessa domanda: “Cosa posso fare ora che non ho più il gesso?”
Mi disse di andare con cautela sulla bicicletta perché le vibrazioni avrebbero potuto dare fastidio alle ossa ancora non perfettamente allineate. Per il resto mi dette la luce verde di fare tutto quello che volevo, aggiornandolo ogni tanto.
Non vi annoierò con i miei allenamenti delle cinque settimane successive, altrimenti vi addormentereste. Ma a quelli che fanno i conti del chilometraggio faccio notare che la distanza più lunga che ho nuotato è stata di 3000 metri, due volte. L’allenamento più lungo in bici è stato di 50 km e la corsa più lunga di 22 km in un circuito. Ecco tutto.
Con un braccio frantumato, il conseguente intervento chirurgico e un piano d’allenamento non standardizzato vi starete sicuramente chiedendo come potessi pensare di gareggiare nell’Ironman.
Vi dico esattamente com’è successo:
Io credevo fortemente di potercela fare.
Non molti amici nè conoscenti credevano che sarei riuscita. Molti di loro pensavano che fossi matta.
“Esattamente come pensi di allenarti per un Ironman con il tuo braccio?”
“Per me non arrivi in fondo alla gara…”
“Non hai fatto abbastanza chilometri…”
“Ma non hai fatto i lunghi!”
“Le possibilità che tu possa arrivare in fondo sono basse…”
“Sarà impossibile.”
Nella mia esperienza come allenatrice, molto spesso osservo che si insedia la convinzione di non essere più in grado di seguire i propri obiettivi e sogni. Se il quadro preventivato non è perfetto, ogni singolo allenamento non si consegue un personal best, con tanto di endorfine, senza ostacoli o momenti difficili da risolvere, rinunciano e gettano la spugna molto velocemente. Si parla sempre del “viaggio” per arrivare alla meta ma poi viene interrotto quando non ha lo stesso aspetto di un programma televisivo pluripremiato.
Ma alcune persone viaggiano su una linea retta mentre altre devono prendere delle deviazioni. Raggiungono, comunque, la stessa destinazione e il medesimo obiettivo.
Sapevo che l’unico modo per farcela era di isolarmi. Avevo bisogno di essere circondata da positività e possibilità mentre indossavo un paio di paraocchi. In tutto questo il mio sostenitore numero uno è sempre stato mio marito Piero. Credeva in me e mi ha aiutato nella pianificazione e negli allenamenti. E’ venuto con me la prima volta che sono tornata a nuotare ed era al mio fianco quando sono risalita in bici per la prima volta dopo l’incidente. Mi ha detto centinaia di volte (su richiesta!) che non solo potevo farcela ma l’avrei fatto ottenendo il mio personal best sulla distanza.
Ho smesso di parlare della gara e non ho fatto sapere a molte persone che stavo andando a Barcellona. Ho chiuso gli account dei social nei giorni prima della gara. Non volevo essere distratta dai non credenti. Avevamo già prenotato l’albergo e tutta la famiglia stava andando, questa era la cosa più importante per me. Mi sono data la libertà di fare qualunque cosa che mi andava di fare. Potevo iniziare la gara o semplicemente prendere il pacco gara. Potevo completare il nuoto e ritirarmi. Potevo fare quello che volevo perché era il mio compleanno. Non avevo nessuna aspettativa tranne quella di godermi la giornata e divertirmi, qualunque fosse la mia decisione. Tutto andava benissimo. Tutto.
Anche solo leggendo le cose che hai fatto ed il modo con cui le narri, ci si emoziona e si traggono utili insegnamenti.
Emozionante! Leggendolo da solo mi sembra proprio di immaginare questa preparazione e non vedo o zento null’altro.
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